Altri personaggi


Continuo del libro "La trattoria" di Michele Scaperrotta


Franco e Lina


Come non ricordare Franco?
Un operaio della vetreria, azienda non molto lontana dalla trattoria.
Questo era una vecchia ‘quercia’ del Trentino, emigrato in Lombardia in cerca di fortuna.
Alla vetreria, il lavoro era duro, faticoso, ti segnava, il viso rugoso di chi dalla vita non ha avuto molto.
La moglie Lina un donna alta, robusta, ben piazzata, che a fatica sbancava il lunario.
La paga del marito non era un granchè e… tre figli da tirar su c’erano. Ogni quindici giorni Franco veniva pagato dalla fabbrica.
Mio padre, aveva ordine preciso dalla Lina di non dare da bere al marito nei giorni di paga.
Ma come fare?
Questo si incazzava e minacciava di rompere tutto quello che trovava sotto mano, un vero problema, tra il ridicolo e l’umano.
Beveva molto e si ubriacava.
I soldi erano pochi.
Ricordo che mio padre allungava il vino con l’acqua nella speranza che non si ubriacasse e la smettesse di bere, ma niente da fare.
Quindi Giovanin doveva intervenire, cioè io.
“Corri ad avvertire la Lina, dille di venir qua altrimenti succede il finimondo”.
Di corsa correvo dalla Lina.
“Lina devi venire, continua a bere!”.
La Lina, donna robusta e con le ‘palle’, immediatamente si toglieva il grembiule della cucina e in un attimo era pronta.
Chissà perché ma le madri dei miei tempi indossavano sempre il grembiule in qualsiasi ora della giornata,… eppure avevano poco da cucinare, erano pasti semplici, i pochi soldi non permettevano menu elaborati e costosi .
Mah!
Doveva essere una abitudine oppure avevano pochi vestiti e il grembiule copriva bene quelli logori! .
Lina si precipita alla trattoria, va dritta dal marito e con una violenza inaudita gli molla un ceffone urlando: “Porco! Stai sperperando tutti i soldi, ed io che dò da mangiare ai miei figli?
Porco di un porco che non sei, andiamo!
Che a casa ti darò il resto.”
E intanto frugava nelle sue tasche per levargli la busta con la paga.
La scena era tra il ridicolo e il patetico, ma il gigante Franco si alzava e, tutto ‘pecora’, traballante, seguiva la Lina. Io ero contento, orgoglioso, avevo fatto una buona azione.


 L’artista


Un altro operaio della vetreria era l’artista.
Lo chiamavano così perché disegnava, dipingeva. Era veramente un artista, ma anche lui capitato li per lavorare.
Di giorno faceva l’operaio alla vetreria, alla sera veniva alla trattoria e si mangiava un piatto di minestra calda col pane.
Era un intellettuale e lì in mezzo a quegli altri non ci stava proprio bene.
Sì, era apprezzato, ammirato, lui dipingeva.
Ma in fondo lo consideravano anche un po’ pazzo, lui col suo talento, ridursi a fare l’operaio in quella fabbrica.
Non era nella logica di quella gente..
Spesso mi chiedeva cosa volessi che dipingesse per me, io gli chiedevo le cose che mi circondavano: il gatto, la stufa, le magnolie.
Tutto veloce e capace dipingeva, contento di parlare con un ragazzino che non pensava e non gli faceva troppe domande.
Ero meravigliato dalla sua bravura, era incredibile vedere come da una tela, dal nulla, nascesse una immagine, un paesaggio.
E’ un mago! Pensavo.

Continua..................

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